mercoledì 11 marzo 2009

Intervista a Goran Kuzminac su Babylonbus

Da www.babylonbus.org

Intervista con Goran Kuzminac
di Andrea Turetta

E’ un ritorno sulle scene che fa piacere quello di Goran Kuzminac, Il suo nuovo album: “Dio suona la chitarra” (anticipato dal brano " Come neve il tempo"),viene pubblicato da Hdemia e distribuito distribuito dalla Self. Contiene 13 brani di sua composizione + 2 bonus track: "Al Centro di niente" e "Stasera l'aria è fresca". Tra i suoi successi ricordiamo nel 1979 il singolo "Stasera l'aria è fresca", che diventa subito una hit vincendo il Festival di Castrocaro cui fa seguito un altro singolo di successo, "Ehi, ci stai?", che da il titolo al suo primo album (1980). Tra le tante collaborazioni, ricordo quella con Mario Castelnuovo e Marco Ferradini, con i quali ha inciso "Oltre il giardino". Più recentemente, il suo pezzo "Stella del nord", vince il premio della critica a Un disco per l'estate. Nel maggio del 2004 è uscito "Nuvole straniere", l'album che chiude e celebra il trentennale di carriera dell'artista, forse il lavoro più pensato e maturo della sua produzione. Ed ora è la volta di questo nuovo ed ispirato album. Ecco l’intervista con l’artista…

“Dio suona la chitarra” è un album che ti rappresenta al meglio?

E’ un album, che a detta degli “esperti” non si doveva fare. Solo chitarre basso e batteria?.. pazzia! Mancano l’elettronica, i pianoforti, gli archi.. tutte le frequenze necessarie. Io facevo notare che alcuni gruppi promettenti tipo: “I Beatles” o gli “Eagles” già lo avevano fatto. In barba ai produttori ed arrangiatori ufficiali, il disco suona come nessuno!

Rispetto ai tuoi precedenti album, quali potrebbero essere le novità presenti nel disco?

Sono un chitarrista. Le canzoni sono state scritte e pensate da un chitarrista, per chiunque ami il suono dell’acciaio e del legno. Le novità sono le canzoni, e l’atmosfera che le compone.

In un certo senso, oggi ti rimetti in gioco?

Io non ho mai smesso. Sono difficile da trovare, come tutte le cose un po’ diverse, ma non ho mai smesso, ne’ di fumare ne’ di suonare e comporre.

Come vedi cambiato il mondo delle sette note dai tuoi esordi ad oggi?

La Musica serve per vivere, non per mangiare o fare soldi. Lo spettacolo è un’appendice, ma anche quello appartiene alle assi del palcoscenico, e non ai Mass-media. Perché sono costretto oggi, se sono un musicista, a partecipare a delle continue gare, nemmeno fossi un ciclista?. Perché devo farmi giudicare da una presentatrice televisiva o da chi non ha mai scritto una nota? Non è polemica è una triste verità. Dubito che un giovane De Andrè o un De Gregori, avrebbero spazio In “Amici” di Maria De Filippi.. o in X factor. Verrebbero eliminati come noiosi, al primo turno.

In questi ultimi anni, hai comunque continuato ad occuparti di musica…

Stessa risposta di prima.. Non ho mai smesso!

Nel tuo disco compare la “chitarra baritono”. Di che si tratta?

Qualcuno a cinquant’anni pensa alla pensione, io mi re-invento uno strumento dell’ottocento caduto in disuso. La chitarra baritono è una chitarra che chiunque suoni questo strumento, impara a tenere in mano da subito, ma ha un suono enorme. E’ accordata due toni e mezzo sotto quella normale, con corde più lunghe, ed una resa di suono incredibile. E’ un po’ come suonare un pianoforte con le dita.

Ospite nel brano “Torno a casa”, c’è Alex Britti… Immagino vi conosceste già da tempo, essendo entrambi appassionati di chitarre…

E non solo Alex!. In questo album, compaiono come ospiti, alcuni tra i migliori chitarristi Italiani. Antonio Onorato, Mauro De Federicis, Andrea Valeri, solo per citarne alcuni. Ognuno con il suo stile, ma tutti con la voglia di dare una “Zampata” finalmente fuori dalle regole. Alex, ha suonato la chitarra “Slide” come solo lui sa fare!

Era tanta la tua voglia di tornare con un nuovo disco, ma c’è sempre stata anche la voglia di “mantenere la schiena dritta” e di poter proporre solo ciò in cui credevi…

Tanti anni fa, andandomene da una Major, dissi una frase che poi entrò nella storia: “Se segui gli altri, difficilmente arriverai primo!” Mi presero per matto, quando ruppi quel contratto discografico. Qualche dubbio lo ebbi anche io, ma a distanza di tanto tempo, devo dire che fu una scelta illuminata. Dopo trent’anni, sono ancora in piena creatività. Non ho mai permesso che le regole o le convenienze del momento influenzassero anche solo una parola del testo o una nota della musica che scrivevo.

Il titolo del tuo disco richiama ad un Dio diverso da quello che è stato spesso dipinto, un amico più che un padre-padrone…

Un Byker, con la motocicletta parcheggiata fuori dal Pub. Un bicchiere di birra in mano, ed una Fender nell’altra. Sempre disponibile ad ascoltarti, a darti qualche consiglio, ed a mostrarti qualche riff di Blues sulla chitarra!

Con quale criterio hai scelto i pezzi da inserire in questo disco e quanto tempo c’è voluto per metterlo insieme?

Le canzoni sono nate in brevissimo tempo. Due mesi. Il tempo di bere una quarantina di litri di vino rosso assieme a tutti i musicisti e collaboratori.. Erano pronte nella mia mente già da qualche anno. Ne erano passati quasi quattro dall’ultimo lavoro “Nuvole straniere”, ed avevo vissuto abbastanza cose che avevo voglia di raccontare. Bisogna vivere, viaggiare, amare, sognare, prima di scrivere.

Quali sono gli artisti che più ti piacciono?

Amo la gente che suona veramente, che cerca di darti l’emozione, il momento magico con il tocco o con la parola, con un accordo o con un silenzio, a volte anche con un grido. Quelli che sono per sempre e non di moda.

Poesia e canzoni, quanto hanno in comune?

E che differenza c’e’??

Qualcuno ha detto che suonare è come scrivere perché bisogna farlo tutti i giorni…

All’inizio è verissimo. Poi non è più necessario. Ora possono passare anche settimane prima che la chitarra mi chiami, per prenderla in braccio. Ma quando chiama non si può dirle di no.

Oggi come vedi il mondo musicale giovanile?

Ho una grande fede nella voglia di musica dei giovani. Ho un grande timore di tutte le difficoltà che dovranno affrontare. Ho una grande tristezza pensando a quanti abbandoneranno sconsolati, senza aver lasciato una traccia. Ho una grande rabbia verso i “giudici” e “Arbitri” che intralceranno con vaque sentenze la loro voglia di fare. Ho una grande speranza nella bella musica che riusciranno a scrivere.

Sei una artista che scrive molti pezzi oppure fanno fatica a nascere?

Ci penso tanto, poi lascio fare l’istinto. Alla fine cerco l’emozione. Mi bastano venti battiti di cuore per sapere se la canterò mai su un palcoscenico oppure no.

Quando componi ami farlo appartato, oppure insieme agli altri musicisti?

La collaborazione con altri musicisti è stimolante per le idee, ma il momento della creazione è solitario… sempre!

Per chiudere, come vedi l’utilizzo della tecnologia nelle canzoni?

La conosco bene. L’ho usata per anni ai massimi livelli. Ho passato notti e notti a programmare sequencer e forme d’onda, inviluppi mai sentiti e campioni rimaneggiati. Mi sono stancato di tutto questo. E’ tutto invecchiato velocemente e scomparso nei meandri del già visto, sentito, provato. Le vibrazioni delle corde di una chitarra invece mi danno ancora le stesse emozioni di trent’anni fa. Variano sotto il tuo tocco e sono il prolungamento dei tuoi nervi. Questa è tutta la tecnologia che mi serve…

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